EVENTI a Roma riguardanti Medio Oriente e Mondo Arabo (Calendario)

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29- GIORNATA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON IL POPOLO PALESTINESE

Facoltà di Studi Orientali

in collaborazione con

Stop Agrexco Roma

Sguardo sul Medio Oriente

Un Ponte per ...

Rete Romana Palestina

in occasione della

Giornata Internazionale ONU di Solidarietà con il Popolo Palestinese

presentano

Dibattito sulla situazione nei

Territori Palestinesi Occupati

Incontro con con Jamal Jumà, coordinatore della campagna "Stop the wall"

 

29 novembre 2010

ore: dalle h. 18 alle h. 20.

presso: Facoltà di Studi Orientali,

Via Principe Amedeo 182/b

aula 5

Introduce:

Laura Guazzone

Docente di Storia contemporanea dei paesi arabi

Interviene:

Jamal Jumà

Coordinatore della campagna "Stop the wall".

info: www.sguardosulmedioriente.it

 -Vedi l'evento su Facebook-

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BREVE PROFILO DI JAMAL  JUMA

Jamal Juma 'è nato a Gerusalemme e ha frequentato la Birzeit University, dove divenne politicamente attivo. Dal momento della prima Intifada, si è concentrato sull’ attivismo di base. E’ un membro fondatore del Palestinian Agricultural Relief, associazione palestinese per gli Scambi Culturali e Ambientali. Dal 2002 è coordinatore del Palestinian Grassroots Anti-Apartheid Wall Campaign, cioè della campagna contro il muro. Per la sua azione di lotta e resistenza contro il muro è stato anche incarcerato dagli israeliani. E’ stato invitato in vari Stati dalla società civile internazionale ed  ha tenuto  conferenze alle Nazioni Unite, dove ha parlato della questione della Palestina e del Muro dell'Apartheid. I suoi articoli e le sua interviste sono diffusi e tradotti in diverse lingue.

 

Alcune brevi notizie sul muro

Israele ha iniziato la costruzione del muro nel giugno 2002 dopo l’ invasione delle città della Cisgiordania. Se si considerano i fatti retrospettivamente, non vi è dubbio che l'invasione ha costituito il preludio e il movente per la costruzione del muro.

Perché la costruzione del MURO potesse avvenire senza resistenze gli Isrealiani hanno proceduto, per tempo, a distruggere infrastrutture civili palestinesi e ad effettuare arresti di massa, omicidi e massacri.  

La sua costruzione ed i numerosi posti di blocco che lo presidiano hanno provocato lo smembramento dei centri della West Bank in bantustan, separati gli uni dagli altri e separati dalla città occupata di Gerusalemme est. La finalità della costruzione del muro  è stata quindi,  non tanto di tutelare la popolazione israeliana da attacchi omicidi, quanto piuttosto  di rafforzare il suo controllo sul popolo palestinese e bloccare la creazione di uno stato palestinese. Il muro infatti sorpassa volutamente la "Green Line", la linea di armistizio riconosciuti a livello internazionale tra Israele e la West Bank occupata nel ’67,  ignorando il diritto internazionale e le diverse risoluzioni  delle Nazioni Unite. Oggi Israele ha realizzato con "fatti sul terreno" ed in modo visibile il proprio sistema di apartheid

·        Il muro, che raggiungerà 810 km di lunghezza, ha isolato il  46 per cento della West Bank occupata dividendola  in tre grandi cantoni e 22 piccoli bantustan.  Attraverso di esso, Israele ha il controllo sull’ 82-85 per cento delle risorse idriche palestinesi nei Territori Occupati.

·        1.400 chilometri di rete stradale  sono dedicati esclusivamente agli israeliani e, per evitare l’incrocio con le strade palestinesi, sono state costruite  48 gallerie.

·        Decine di  posti di blocco militari controllano  il movimento di persone e merci tra i diversi cantoni e la circolazione del traffico commerciale con Israele e il mondo esterno.

·        Lungo di esso sono state realizzate zone industriali, zone agricole e laboratori artigianali che si avvalgono del popolo palestinese come  forza lavoro a basso costo.  


La risposta della società civile palestinese

La resistenza popolare e pacifica contro il muro è iniziata dopo tre mesi dalla sua costruzione, con la formazione di  comitati popolari a partire dai villaggi e dalle città della Cisgiordania settentrionale. Gli attivisti hanno organizzato eventi e organizzato campagne internazionali, di comunicazione e coordinamento con gli attivisti della solidarietà internazionale che hanno formato scudi umani in settori chiave attorno alla Cisgiordania. Centinaia sono le  manifestazioni e le azioni di resistenza organizzate nelle città e nei villaggi in tutto il nord e nel centro della West Bank  cui partecipano regolarmente  numerosi pacifisti israeliani.

Le immagini del muro e del suo percorso, che ha mostrato chiaramente la portata del furto perpetrato da Israele a danno di vaste aree agricole e delle risorse idriche, nonché la immensa distruzione  ambientali e agricole, hanno sconvolto gli osservatori di tutto il mondo. 

Contro la costruzione del muro dell’Apartheid si sono pronunciate l'Assemblea generale dell'ONU, la Corte internazionale di giustizia e le chiese palestinesi attraverso il documento Kairos 2009, con il quale si invitano le chiese di tutto il mondo a boicottare Israele. E’del 2005 l’appello di tutte le organizzazioni della società civile palestinese al boicottaggio, al disinvestimento e alle sanzioni  -BDS- nei confronti di Israele

 

nota:  Kairos 2000 con google traduttore: http://translate.googleusercontent.com/translate_c?hl=it&sl=en&u=http://electronicintifada.net/v2/article10943.shtml&prev=/search%3Fq%3Djamal%2Bjuma%26hl%3Dit%26client%3Dgmail%26rls%3Dgm%26prmd%3Divno&rurl=translate.google.com&twu=1&usg=ALkJrhh89c91c-ZxZ4-3GHfsq41ymCP6Tw

 

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29 novembre 2010

Giornata Internazionale di Solidarietà

con il Popolo Palestinese

 

premesso che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 29 novembre come la Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese nella Risoluzione 32/40 B del 2 dicembre 1977;

ricordato che il 29 novembre è stato scelto poiché in quel giorno del 1947 l’Assemblea Generale dell’Onu istituiva in Palestina uno “Stato ebraico” e uno “Stato arabo”, assegnando alla città di Gerusalemme uno speciale status internazionale gestito dalle Nazioni Unite;

preso atto che dei due Stati previsti nella Risoluzione 181 (II) del 1947, conosciuta come Partition Resolution, finora è stato creato solo Israele;

ricordando che ancora oggi il popolo palestinese è costretto a soffrire le conseguenze della lunga occupazione militare israeliana, una violenza continua, quotidiana, ordinaria, a volte manifesta, a volte invisibile, spesso nascosta dai grandi mezzi d’informazione;

visti i rapporti delle Nazioni Unite che documentano come ancora oggi la vita dei palestinesi sia scandita da umiliazioni, maltrattamenti, soprusi, discriminazioni, posti di blocco, muri, insediamenti, abbattimento di case, aggressioni, arresti e uccisioni;

considerato che i negoziati diretti avviati il 2 settembre scorso dal Presidente degli Stati Uniti rappresentano forse l’ultima possibilità di fare la pace in Terra Santa senza ulteriori spargimenti di sangue;

considerato che la continua espansione degli insediamenti e la costruzione del muro nei territori occupati, la demolizione delle case e gli sfratti anche a Gerusalemme Est sono contrari al diritto internazionale e costituiscono il principale ostacolo alla continuazione dei negoziati;

ribadisce

che la continuazione dell’occupazione militare israeliana dei Territori Palestinesi (1) comporta immani sofferenze, la violazione sistematica dei fondamentali diritti umani dei palestinesi e il progressivo deterioramento delle loro condizioni di vita; (2) riduce lo spazio per il dialogo, la comprensione reciproca e la ricerca di soluzioni negoziate tra i due popoli; (3) impedisce di risolvere pacificamente il conflitto mediante la creazione di uno stato palestinese accanto a quello israeliano a causa della continua espansione degli insediamenti israeliani; (4) alimenta la frustrazione, la disperazione, la rabbia e il desiderio di riscatto tra i palestinesi che finiranno con alimentare nuove manifestazioni di violenza; (5) costringe il popolo israeliano a vivere in una condizione d’insicurezza e di guerra permanente con tanta parte del mondo arabo che comprime i propri spazi di libertà, di sviluppo e di democrazia; (6) rappresenta un grande ostacolo alla lotta al terrorismo e al fondamentalismo ed è una fonte continua di instabilità e insicurezza internazionale; (7) frena lo sviluppo del dialogo interreligioso; (8) limita la nostra libertà e ci impedisce di costruire la pace nel Mediterraneo e in Medio Oriente; (9) costringe da decenni l’Europa e la comunità internazionale a spendere inutilmente una enorme quantità di denaro senza ottenere alcun beneficio; (10) porta inevitabilmente allo scoppio di nuove guerre e atrocità;

chiede pertanto

al Governo e al Parlamento italiano, ai governi dell’Unione Europea, al Parlamento, alla Commissione e al Consiglio dell’Unione Europea, all’Onu e a tutti i responsabili della politica internazionale di assumere con urgenza tutte le misure necessarie per persuadere le parti a chiudere il conflitto israelo-palestinese riconoscendo ad entrambi i popoli, come stabilito dalle risoluzioni dell’Onu, la stessa dignità, gli stessi diritti e la stessa sicurezza;

inoltre,

riconoscendo che le città e gli enti locali europei possono contribuire a rafforzare il dialogo e la conoscenza reciproca con il popolo palestinese e con il popolo israeliano; alleviare le sofferenze del popolo palestinese e ricostruire la fiducia e la speranza nella pace; vigilare sulle violazioni e il rispetto della dignità e dei diritti umani; sostenere i familiari delle vittime e le forze di pace che operano da entrambe le parti; contribuire a rafforzare le istituzioni locali palestinesi; promuovere l’incontro e il dialogo tra gli Enti Locali israeliani e palestinesi; sensibilizzare i propri cittadini sui problemi del Medio Oriente e coinvolgerli in iniziative di solidarietà e di pace; rafforzare l’impegno politico dei governi europei e dell’Unione Europea per la pace in Medio Oriente;

dichiara

la propria volontà di contribuire attivamente alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese e alla costruzione della pace in Medio Oriente mediante progetti di cooperazione e solidarietà con la popolazione palestinese, di promozione del riconoscimento reciproco e del dialogo tra israeliani e palestinesi, di diffusione della cultura della pace, dei diritti umani e della riconciliazione, di sensibilizzazione e mobilitazione della propria comunità e a questo fine

delibera

1) di aderire al Programma nazionale “100 città per la pace in Medio Oriente” e alla Rete Europea degli Enti Locali per la pace in Medio Oriente promossi dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i diritti umani con cui s’intende rafforzare l’impegno dell’Italia e dell’Europa in Medio Oriente partendo dalle comunità locali;

2) di definire, in accordo con il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace e i diritti umani, un piano di azioni concrete che prevedano anche il coinvolgimento attivo della cittadinanza e in particolare dei giovani, delle scuole e delle organizzazioni della società civile.

 

Per informazioni:

Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani

via della Viola 1 (06100) Perugia - tel. 075/5722479 - fax 075/5721234

email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.www.entilocalipace.it

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Oggi 29 novembre, l'Onu celebra

la Giornata Internazionale
di Solidarietà con il popolo Palestinese


Una buona occasione per riflettere sulla situazione dei palestinesi e sulla violenza che ancora oggi

 gli viene inflitta. Una violenza continua, quotidiana, spesso nascosta dai grandi mezzi

d'informazione.

10 notizie sui palestinesi
che la TV ti ha nascosto


a cura di Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace



1. Privati da oltre sessant'anni della libertà, 4 milioni di palestinesi sono costretti a vivere sotto il

peso dell'occupazione militare israeliana. 2.2 milioni hanno meno di 18 anni. Più di 1.800.000

palestinesi vivono da rifugiati nella propria terra. Quasi 3 milioni vivono in Giordania, Libano e

Siria. Più di 20.000 palestinesi vivono rinchiusi in un campo profughi nel Città Santa di

Gerusalemme.

2. Dall'inizio del 2010, l'esercito israeliano ha ferito 1074 palestinesi (in prevalenza giovani e

bambini) che protestavano contro l'occupazione, contro l'espansione degli insediamenti e contro la

costruzione del muro. Nel 2009 ne sono stati feriti 764.

3. Da quando il 26 settembre è finita la moratoria sulla costruzione di insediamenti nei territori

occupati, i coloni israeliani hanno costruito 1650 case nuove, poco meno del totale di quelle

costruite nel 2009.

4. Ai palestinesi invece non è permesso di costruire o ingrandire la propria casa in tanta parte della

propria terra. Dal 24 novembre le autorità israeliane hanno abbattuto 18 case palestinesi e una

moschea. 54 persone sono state gettate per la strada.

5. Il 23 novembre un gruppo di coloni israeliani accompagnati dalla polizia israeliana si sono

impossessati di un palazzo palestinese di tre appartamenti di Gerusalemme. Tre famiglie palestinesi

con 5 bambini sono finiti per strada. In luglio i coloni israeliani hanno fatto lo stesso con le case di

altre 29 persone e otto famiglie. Osservatori internazionali parlano di "pulizia etnica".

6. Nella settimana tra il 10 e il 23 novembre, l'esercito israeliano ha condotto 57 incursioni e arresti

di palestinesi nelle città e nei villaggi della West Bank e a Gerusalemme. Un po' meno della media

settimanale che nel 2010 è di 93 incursioni e arresti.

7. Dall'inizio dell'anno i coloni hanno aggredito i contadini palestinesi o distrutto le loro proprietà

agricole, sradicando e bruciando migliaia di ulivi secolari, in media 6 volte alla settimana. Questa

settimana (10 e il 23 novembre) le aggressioni sono state 7, una al giorno.

8. Nonostante il ritiro del 2005, Israele continua a controllare tutti gli aspetti fondamentali della vita

di 1,5 milioni di palestinesi che abitano nella Striscia di Gaza. Dall'inizio del 2010, 58 palestinesi

sono stati uccisi e 233 feriti. La maggioranza erano civili. Prima dell'inizio dell'assedio, dalla

Striscia di Gaza entravano e uscivano in media 650 persone al giorno. Oggi ne passano 340. I

palestinesi di Gaza hanno la corrente elettrica solo per 12 ore al giorno. L'acqua arriva nelle case

ogni due giorni, per poche ore. E in alcune zone arriva solo ogni 5 giorni.

9. Ai palestinesi non è concesso di circolare liberamente nella propria terra. Il muro di 700 km

costruito dagli israeliani nella West Bank separa molti palestinesi dai loro terreni, dai posti di lavoro

e dai familiari. Il resto lo fanno una serie di coprifuoco, circa 600 posti di blocco e altri ostacoli. Per

spostarsi spesso i palestinesi devono chiedere un permesso che spesso non arriva. A molti

palestinesi viene così negata la possibilità di accedere alla terra, al lavoro, alle strutture scolastiche e

ai servizi di base.

10. Israele continua a negare ai palestinesi l'accesso all'acqua, intralciando lo sviluppo

socioeconomico e ponendo a repentaglio la loro salute. Un palestinese può utilizzare al massimo 70

litri di acqua al giorno, meno del minimo necessario. Un israeliano ne consuma 4 volte di più.

L'esercito israeliano ha ripetutamente distrutto le cisterne di raccolta di acqua piovana usate dai

palestinesi con la motivazione che erano state costruite senza permesso.

Piccolo decalogo delle cose che possiamo fare per la pace in Medio Oriente: (1) rafforzare il

dialogo e la conoscenza reciproca con il popolo palestinese e con il popolo israeliano; (2) alleviare

le sofferenze del popolo palestinese e ricostruire la fiducia e la speranza nella pace; (3) vigilare sulle

violazioni e il rispetto della dignità e dei diritti umani; (4) sostenere i familiari delle vittime

palestinesi e israeliane; (5) collaborare con tutti coloro che operano per la pace in Israele e nei

territori palestinesi occupati; (6) contribuire a rafforzare le istituzioni locali palestinesi; (7)

promuovere l'incontro e il dialogo tra israeliani e palestinesi; (8) sensibilizzare i giovani sui

problemi del Medio Oriente e coinvolgerli in iniziative di solidarietà e di pace; (9) chiedere la fine

della vendita di armi e la denuclearizzazione del Medio Oriente; (10) rafforzare l'impegno politico

dell'Italia e dell'Unione Europea per la pace in Medio Oriente.

Perugia, 29 novembre 2010

 

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